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Kufia | Visual blog for Palestine

A collection of images, artworks and words is opens to every contribute from world wide, collectives and individuals, as supporting tool to "Kufia project - 100 disegnatori per la Palestina" (100 illustrators for Palestine). The goal of these pages is the comparison, the harvest of ideas, projects that are supporting the palestinian struggle for self-determination.

You can add this project publishing your own artworks or words, spreading around the url, telling it to your friends.


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A visual blog for Palestine.
Questa raccolta di immagini e parole, aperta ai contributi di tutti gli utenti, gruppi e sensibilità diffuse, è un supporto al progetto Kufia, 100 disegnatori per la Palestina.
Lo scopo di queste pagine è il confronto, la raccolta di idee, spunti, progetti che sostengano la lotta di autodeterminazione del popolo palestinese.

Potete partecipare al progetto pubblicando le vostre immagini e parole, diffondendo questo url, parlandone con amici e invitandoli a partecipare e sostenere.

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Publish Archive The project Contacts Credits

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Private di Costanzo

 Title: Private di Costanzo
Name: politicalcomics.org
Txt: Genere: drammatico. Saverio Costanzo, al suo debutto come regista, ha vinto il Pardo d'oro al festival di Locarno. Ambientato in una Palestina che è stata ricostruita in Calabria è la storia del feroce conflitto tra ebrei e palestinesi e delle possibilità della pace ai confini dell'incredibile. Nel gioco delle parti i soldati di Israele che occupano una casa di pacifici palestinesi rischiano di diventare ostaggi dei più deboli.
da www.repubblica.it

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Olp: stop alle violenze anti-israeliane perché “danneggiano i palestinesi”

 Title: Olp: stop alle violenze anti-israeliane perché “danneggiano i palestinesi”
Name: politicalcomics.org
Txt: 17 Gennaio 2005
PALESTINA - ISRAELE
Olp: stop alle violenze anti-israeliane perché “danneggiano i palestinesi”

Studio dal Pakistan: gli attentatori palestinesi suicidi non sono disperati o poveri, il 66% ha studi universitari.


Ramallah (AsiaNews/Agenzie) – Fermare le violenze contro Israele perché “danno una scusa” alle azioni militari israeliane contro i palestinesi. È quanto chiesto dal comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) alle frange più estremistiche palestinesi in una dichiarazione rilasciata questa notte.

L’appello dell’Olp arriva dopo l’attacco suicida di giovedì scorso al valico di Karni che è costato la vita a 6 civili israeliani ed alla decisione del governo Sharon di chiudere le frontiere e tagliare ogni contatto con l’Autorità palestinese, oltre ad autorizzare l’esercito ad “operare” per fermare gli attacchi.

La dichiarazione dell’Olp chiede ai militanti di “fermare ogni azione militare che potrebbe danneggiare i nostri obiettivi nazionali e dare agli israeliani una scusa per impedire la stabilità palestinese”.

Nei giorni scorsi, intanto, il sociologo pakistano Riaz Hassan ha comunicato in una conferenza a Islamabad i risultati delle sue ricerche sugli attentatori suicidi: egli ha dichiarato che il 66% dei kamikaze palestinesi sono “diplomati o laureati”, smentendo la tesi dell’ignoranza come movente dell’azione suicida. Hassan ha inoltre affermato che gli attentati suicidi sono cresciuti negli ultimi tempi: “Negli anni Ottanta ci sono stati 31 casi; solo nel 2003 se ne sono verificati 98”, la stragrande maggioranza dei casi in Palestina e in Iraq. La scelta di questa modalità di violenza terroristica, secondo lo studioso, è data dall’alto coefficiente di risultato delle azioni suicide: se gli attacchi kamikaze rappresentano solo il 3% degli atti terroristici, essi causano il 48% delle vittime. (LF)


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Abu Mazen

 Title: Abu Mazen
Name: politicalcomics.org
Txt: E' ufficiale: ha vinto Abu Mazen
La percentuale è del 62,3%
Al candidato indipendente di sinistra Barghuti il 19,8%

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Free Political Prisoner Marwan Barghouti!

 Title: Free Political Prisoner Marwan Barghouti!
Name: ///
Txt: Jailed Palestinian leader Marwan Barghouti has been sentenced by the Israeli court to 5 consecutive life terms, plus 40 additional years in prison.
Url\Email: http://www.freebarghouti.org/
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Gilles Deleuze

 Title: Gilles Deleuze
Name: gianluca costantini
Txt: Giovedì 11 novembre è morto a Parigi Yasser Arafat. Gli ultimi tre anni della sua vita sono trascorsi nell’impossibilità di muoversi dalla Mukhata di Ramallah. La prigionia imposta da Israele, e resa possibile dalla “distrazione” di governi e organizzazioni internazionali, ha aggravato irreparabilmente la sua salute. “Se la vita di Arafat è nelle mani di Dio, occorre aiutare la volontà divina”, avevano dichiarato in più occasioni dirigenti israeliani. Restano finora sconosciute le cause reali della sua morte: nelle due settimane di degenza all’ospedale militare di Percy in Francia non è stata resa nota una diagnosi sulla natura della malattia.
Nel ricordarlo, sentendoci vicini al dolore del suo popolo, e nella speranza che il suo corpo sia seppellito in tempi brevi a Gerusalemme come desiderava, proponiamo il testo che Gilles Deleuze scrisse per la Revue d’études palestiniennes diretta a Beirut da Elias Sanbar.

Gilles Deleuze
Grandezza di Yasser Arafat
(settembre 1983)

La causa palestinese è innanzitutto l’insieme di ingiustizie che questo popolo ha subito e continua a subire. Queste ingiustizie sono gli atti di violenza‚ ma anche la mancanza di logica‚ i ragionamenti viziati e le false garanzie che pretendono di compensarli o di giustificarli. Arafat aveva soltanto una parola per parlare delle promesse non mantenute‚ degli impegni violati al momento dei massacri di Sabra e Shatila: shame, shame.
Si dice che non è un genocidio. E tuttavia c’è una storia che si porta dietro molti Oradour, fin da principio. Il terrorismo sionista non si dirigeva solo contro gli inglesi, ma anche contro villaggi arabi che dovevano scomparire: l’Irgun è stato molto attivo in questo senso (Deir Yassin). Dappertutto si farà come se il popolo palestinese, non solo non dovesse più essere, ma non fosse mai stato.
I conquistatori facevano parte di coloro che avevano subito il più grande genocidio della storia. E di questo genocidio i sionisti avevano fatto un male assoluto. Ma trasformare il più grande genocidio della storia in male assoluto è una visione religiosa e mistica, non è una visione storica. Non ferma il male; lo propaga, invece, lo fa ricadere su altri innocenti, esige una riparazione che fa subire a questi altri una parte di ciò che gli ebrei hanno subito (l’espulsione, la ghettizzazione, la scomparsa come popolo). Con mezzi più “freddi” del genocidio si vuole ottenere lo stesso risultato.
Gli Usa e l’Europa dovevano riparazione agli ebrei. E questa riparazione l’hanno fatta pagare a un popolo, di cui il meno che si possa dire è che non c’entrava affatto, che era stranamente innocente di ogni olocausto e che non ne aveva nemmeno sentito parlare. Ed è qui che comincia il grottesco, come pure la violenza. Il sionismo, e poi lo stato d’Israele esigeranno che i palestinesi li riconoscano di diritto. Ma lui, lo stato d’Israele continuerà a negare il fatto stesso di un popolo palestinese. Non si parlerà mai di palestinesi, ma di arabi di Palestina, come se si trovassero là per caso o per errore. E più tardi si farà come se i palestinesi venissero da fuori, non si parlerà mai della prima guerra di resistenza che hanno fatto tutta da soli. Diventeranno i discendenti di Hitler perché non riconoscono il diritto d’Israele. Ma Israele si riserva il diritto di negare la loro esistenza di fatto. Ed è qui che comincia una finzione che si estenderà sempre di più, pesando su tutti coloro che difendevano la causa palestinese. Questa finzione, questa scommessa di Israele, era quella di far passare per antisemiti tutti coloro che avrebbero contestato le condizioni di fatto e le azioni dello stato sionista. Questa operazione ha origine nella fredda politica di Israele nei confronti dei palestinesi.
Israele non ha mai nascosto il suo obiettivo, fin da principio: fare il vuoto nel territorio palestinese. Anzi, fare come se il territorio palestinese fosse vuoto, destinato da sempre ai sionisti. Era sì colonizzazione, ma non nel senso europeo del XIX secolo: non si trattava di sfruttare gli abitanti del luogo, ma di farli andare via. E quelli che restavano non sarebbero diventati mano d’opera dipendente locale, ma mano d’opera itinerante e separata, come se fossero immigrati, messi in un ghetto. Fin da principio l’acquisto delle terre ha come condizione che siano vuote o che lo possano diventare. È un genocidio, ma un genocidio in cui lo sterminio fisico resta subordinato all'evacuazione geografica: poiché non sono che arabi in generale, i palestinesi sopravvissuti debbono andare a fondersi con gli altri arabi. Lo sterminio fisico, affidato o meno a mercenari, è interamente presente. Ma non è un genocidio, si dice, perché lo sterminio non è “lo scopo finale”: ed effettivamente non è che un mezzo fra gli altri.
La complicità fra gli Stati Uniti e Israele non deriva soltanto dalla potenza di una lobby sionista. Elia Sanbar ha mostrato come gli Stati Uniti ritrovino in Israele un elemento della loro storia: lo sterminio degli indiani, che anche in quel caso fu fisico solo parzialmente. Bisognava fare il vuoto, bisognava fare come se gli indiani non ci fossero mai stati, tranne che nei ghetti che ne fanno degli immigrati dall’interno. Per molti aspetti i palestinesi sono i nuovi indiani, gli indiani di Israele. L’analisi marxista indica i due movimenti complementari del capitalismo: imporsi continuamente dei limiti, all’interno dei quali organizzare e sfruttare il proprio sistema: spingere sempre più in là questi limiti, oltrepassarli per ricominciare su scala più larga e più intensa la propria fondazione. Respingere i limiti era l’atto del capitalismo americano, del sogno della Grande Israele in terra araba, sulle spalle degli arabi.
Come il popolo palestinese abbia saputo resistere e resista. Come da popolo tribale sia diventata una nazione armata. Come si sia dato un organismo che non si limita semplicemente a rappresentarlo, ma l’incarna fuori dal territorio e senza stato: gli ci voleva un grande personaggio storico che, in un’ottica occidentale, si direbbe quasi uscito da Shakespeare, e fu Arafat. Non era la prima volta nella storia (i francesi pensino a France libre, con la piccola differenza che essa aveva all’inizio una minore base popolare). E neppure è la prima volta nella storia che tutte le occasioni in cui era possibile una soluzione o un elemento di soluzione siano state deliberatamente, consapevolmente distrutte dagli israeliani. Si chiudevano nella loro posizione religiosa per negare, non soltanto il diritto, ma il fatto palestinese. Si lavavano del proprio terrorismo trattando i palestinesi come terroristi venuti da fuori. E i palestinesi proprio perché non lo erano, ma erano un popolo specifico, tanto diverso dagli altri arabi quanto gli europei lo sono tra di loro, non potevano aspettarsi dagli stati arabi che un aiuto ambiguo che poteva talvolta trasformarsi in ostilità e sterminio, quando il modello palestinese diventava pericoloso. I palestinesi hanno percorso tutti i gironi infernali della storia: il fallimento delle soluzioni, ogni volta che erano possibili, i peggiori rovesciamenti di alleanze di cui pagavano le spese, le promesse più solenni non mantenute. E di tutto questo la loro resistenza ha dovuto nutrirsi.
È possibile che uno degli scopi dei massacri di Sabra e Shatila sia stato quello di screditare Arafat. Aveva acconsentito alla partenza dei fedayin, la cui forza restava intatta, solo a condizione che la sicurezza delle loro famiglie fosse interamente garantita dagli Stati Uniti e anche da Israele. Dopo i massacri, non c’era altra parola che “shame”. Se la crisi che ne è seguita per l’Olp avesse come risultato, a più o meno lungo termine, un’integrazione in uno stato arabo o una dissoluzione nell’integralismo islamico, allora si potrebbe dire che il popolo palestinese è effettivamente scomparso. Ma in tal caso il mondo, gli Stati Uniti e anche Israele non finirebbero di rimpiangere le occasioni perdute, ivi comprese quelle che oggi restano ancora possibili. All’orgogliosa espressione di Israele: “Noi non siamo un popolo come gli altri” ha sempre risposto quel grido palestinese, cui si richiamava il primo numero della Revue d’études palestiniennes: noi siamo un popolo come gli altri, vogliamo essere solo questo…
Con la guerra terrorista in Libano Israele ha creduto di sopprimere l’Olp e di sottrarre così al popolo palestinese, già privato della sua terra, il suo sostegno. E forse ci è riuscito, perché nella Tripoli accerchiata non c’è più che la presenza fisica di Arafat tra i suoi, tutti in una sorta di grandezza solitaria. Ma il popolo palestinese non perderà la sua identità senza suscitare al suo posto un duplice terrorismo, di stato e di religione, che approfitterà della sua scomparsa e renderà impossibile ogni regolamento pacifico con Israele. Dalla guerra del Libano Israele uscirà non soltanto moralmente diviso, economicamente disorganizzato, ma si troverà di fronte l’immagine rovesciata della propria intolleranza. Una soluzione politica, un regolamento pacifico non sono possibili che con un’Olp indipendente, che non sia né scomparsa in uno stato già esistente né perduta nei vari movimenti islamici. Una scomparsa dell’Olp sarebbe solo la vittoria delle cieche forze della guerra, indifferenti alla sopravvivenza del popolo palestinese.

Edizione italiana: Gilles Deleuze Grandezza di Yasser Arafat, con un saggio di François Châtelet, Cronopio, Napoli aprile 2002.

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